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Pornostory

Cosimo non aveva una relazione fissa. Si considerava un tipo troppo eclettico, troppo estroverso e troppo curioso per avere una storia sempre con la stessa ragazza. O “buco” come molto finemente definiva lui l’organo sessuale femminile.

Così, visto anche il fatto che era un uomo di bell’aspetto, piacente, simpatico e piuttosto sfrontato (caratteristica spesso sottovalutata, ma in realtà fondamentale per avere successo con le donne), Cosimo riscuoteva parecchia fortuna con il sesso debole. Ne cambiava in media un paio al mese. Il tempo di (sempre nella sua raffinata ars oratoria) “farglielo assaggiare bene bene e di ficcarglielo giù per gola”. Cosimo amava in particolare il secondo punto. Il “ficcarglielo giù per gola”. Ovvero, farselo succhiare, farsi fare i pompini, insomma.

Come tutte le belle cose però, tutto ha da finire.

Una sera in cui si sentiva particolarmente su di giri (lui e il suo “manfalo”, come lo definiva lui), Cosimo decise che era giunto il momento di sperimentare. Dopo aver passato un paio d’ore in discoteca, e avere nel frattempo raccolto un paio di interessanti numeri di  telefono di futuri “buchi” da testare, si rese conto che quella sera il suo corpo desiderava giocare a un gioco nuovo. O meglio, a un gioco vecchio, ma fatto in modo e con persone diverse.

Pagò così l’ingresso del locale, uscì nel parcheggio e infilò le chiavi nella sua Punto Abarth nera. Si accese una cicca, ingranò la marcia e nel giro di quindici minuti era già giunto alla meta. La tangenziale. Leggi zoccole, o, come le definiva lui, pur non essendoci mai stato, “insert coin”, come la scritta che lampeggia sui display dei videogiochi quando nessuno sta giocando. Facile capire cosa, con una prostituta, era il “coin” e quale fosse il posto dove inserirlo.

Non capiva fino in fondo perché si era recato lì. In fondo, aveva già rimediato un paio di succulenti numeri di telefono. Insistendo un po’ di più, si sarebbe probabilmente “svuotato le palle” con una delle due tizie in questione senza troppi problemi. Ma quella sera gli girava in modo diverso.

Scandagliò una prima volta le bellezze in offerta sul viale, che si stava sempre più riempiendo di altri avventori a quattro ruote. Se le sarebbe fatte tutte, ma, a dir la verità, più che “farlo assaggiare bene bene”, quella notte sentiva forte il desiderio di “ficcarlo giù per gola” a qualcuna.

Un giro. Il “manfalo” si imbarzottisce. Due giri. Si impenna. Tre giri. Esplode. Al quarto giro, giusto poco prima di vedere la bandiera a scacchi (che disdetta sarebbe stata, ancora prima di consumare) causa ultra arrapamento, Cosimo trovò finalmente colei cui stuzzicare la laringe col suo fallo. Fu attratto dalla sua aura misteriosa. La ragazza (o donna, non se ne poteva stabilire l’età) portava infatti un foulard molto scuro sopra la testa che le copriva in pratica anche il viso, di cui si poteva scorgere solo una piccola parte del mento. Il resto del corpo però era mozzafiato. Curve da far paura. Gambe slanciate, lunghe e magre. Culo sodo. Piedini fatati.

Accostò. La ragazza, senza battere ciglio, aprì la portiera e salì in macchina. Cosimo le chiese come si chiamava. Non rispose. Le chiese se poteva togliersi il velo. Non rispose. Le chiese la tariffa. Non rispose. Le chiese dove potevano appartarsi lì vicino. Non rispose.

La velata cominciò però a toccarsi nelle parti intime, pian piano, facendo scorrere le lunghe dita affusolate dentro e fuori gli slip. Dentro e fuori. Dentro e fuori. Cominciò anche ad ansimare leggermente, reclinando il capo indietro. Cosimo sentì un uragano dentro di sé, e così, alla prima traversa sulla destra, girò e spense il motore. Mentre la ragazza continuava a toccarsi dolcemente e a gemere di conseguenza, Cosimo si sbottonò i pantaloni. Non fece a tempo a sfilarseli, che già le labbra carnose della prescelta avevano cominciato a lavorare intorno al suo pene. Due leccatine sensuali alle cosce, poi sempre più giù, più giù, fino a raggiungere l’inguine. Lo scroto. E il membro in piena erezione. Cosimo cominciò a godere dopo pochi secondi. Ogni volta che sembrava sul punto di esplodere, la ragazza rallentava la velocità della sua opera.

Su e giù, su e giù. Le labbra scandivano un ritmo perfetto, celestiale.

Dopo dieci minuti di estasi del suo cliente, la ragazza decise che era giunto il momento di farlo godere appieno. Di farlo venire. Non diminuì così l’intensità del suo lavoro di lingua e labbra. Cosimo venne con tutto se stesso, chiudendo gli occhi. Esondò, come avrebbe fatto un fiume dopo una piena di una settimana. Urlò, scalciò con le gambe, si allungò sul sedile e si stirò. Poi riaprì gli occhi.

La ragazza si era tolta il foulard. Adesso poteva vederne il viso.

Era Marta, sua sorella, che non vedeva da 15 anni.

<<Mi hai sempre arrapato un sacco fratellino, sapevo che prima o poi saresti passato da queste parti>>.

Fu l’ultima volta che Cosimo ficcò giù per gola il suo manfalo a una donna.

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