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Il tennis senza Nadal

Lo Us Open sta entrando nella sua fase più calda, e tutte le sue star stanno, per il momento, rispettando i pronostici e veleggiando senza troppi patemi. Una di queste stelle, però, è momentaneamente spenta, offuscata, senza luce. Ma il mondo del tennis, inesorabile, va avanti, non ammette pause, non può permettersi il lusso di aspettare chi è rimasto indietro. Di chi stiamo parlando? Ma di Rafael Nadal, ovviamente, sul cui rientro cala ogni giorno una nebbia sempre più fitta. Circolano foto dello spagnolo in palestra, intento a rimettere in sesto il proprio fisico e le proprie ginocchia, suo tallone d’Achille da sempre. Si dice che rientrerà a febbraio, chi teme per la fine della sua carriera. Ma in molti sembrano essersi già dimenticati di lui, in un certo senso si è già fatto il callo alla sua assenza, al fatto di non vedere più in tabellone uno dei pochi detentori del career Slam.

Allargando il discorso, proviamo a chiederci che cosa sarebbe stato il tennis senza Nadal. Non soltanto oggi per un (speriamo) breve periodo di tempo. Più in generale. Se quel ragazzino proveniente dall’arcipelago delle Baleari avesse deciso di giocare a calcio invece che prendere in mano una racchetta, quanto sarebbe stato diverso il nostro sport?

IL LOOK

Il primo Rafa, quello dei pinocchietti, delle canottiere e dei baffi Nike enormi (vedasi la finale del 2005 a Roma con Coria) era un vero e proprio tamarro. Altro che tennis in bianco. Altro che eleganza. Viva il truzzismo e chi lo predica. Sull’onda di Nadal, però, altri tennisti di grido (in primis il suo amico Moya) hanno iniziato a vestire in quel modo. E la canotta, da indumento prettamente da spiaggia o da pomeriggio afoso al bar con stecchino da denti, ciabatta e catenina al collo annessi, ha fatto il suo ingresso nell’elitario mondo della racchetta.

LA FIGURA DELLO ZIO

C’è stato il padre, c’è la madre, ci sono le mogli, ci sono stati e ci sono i coach, ma quando mai era stata così mitizzata la figura di uno zio nel tennis? Zio Toni, col suo perenne cappello calato sulla testa, la sua voce semi-fioca, la sua abbronzatura tutto l’anno, i suoi suggerimenti in barba al regolamento che vieta il coaching. Buona parte del successo del nipote, fatti due conti, deriva proprio da lui e dai suoi insegnamenti.

TENNIS E INFORTUNI

L’avvento di un giocatore come Nadal, dal fisico tanto forte quanto fragile, ha portato in primo piano la questione degli infortuni. Ogni volta che gioca, ogni smorfia che fa, ogni gesto verso il suo angolo, ogni benda sulla “rodilla”, sono eventi da seguire con attesa spasmodica. “Ma sarà infortunato? Ma avrà di nuovo la tendinite? Il suo piede fa contatto col gomito?”, e via discorrendo. Di riflesso, tale “mania” si è riversata anche sugli altri giocatori, per cui ogni medical time out è ormai diventato un dramma, quando in realtà, il più delle volte si tratta solo di (odiose) soste tattiche.

GLI SLAM DI FEDERER

Questo è il punto più annoso della questione. Senza volersi addentrare in ragionamenti da curva, molto probabilmente, non vi fosse stato Nadal, Roger avrebbe vinto almeno un paio di Roland Garros in più e almeno una volta il Master di Monte-Carlo. Fermandoci ai tornei sul rosso. Poi c’è la questione della finale di Wimbledon 2008, di Melbourne 2009….Insomma, il Signore dei record avrebbe potuto sfondare quota 20 Slam già da un pezzo.

IL GIOCO

Il power tennis già esisteva prima di Nadal, per carità, ma lo spagnolo ha introdotto un nuovo tipo di gioco, specie con la sua evoluzione negli anni. Se il primo Rafa era infatti un giocatore quasi prettamente difensivo, nel corso del tempo ha trasformato i suoi colpi in un mix letale tra aggressività e difesa, incluso anche un netto miglioramento nel tocco e sotto rete. Ne è così uscito un tipo di tennista per certi versi non riproducibile, capace di passanti da cinque metri dietro la linea di fondo come di dritti da buco in terra da metà campo. Definirlo terraiolo o arrotino è riduttivo (pur essendo la terra la sua superficie preferita e il colpo carico di spin la sua prerogativa). Sicuramente è difficilmente imitabile e in un certo senso unico, anche se, specie per la sua tattica contro Federer (martellare il rovescio) ha ispirato molti altri colleghi, seppur con risultati mediamente scarsi o nulli.

LA RIVALITA’

A proposito di Federer, era da anni che non si vedeva una rivalità del genere su un campo da tennis. Certo, le dicotomie, le differenze di stile e quant’altro ci sono sempre state e sempre ci saranno. Ma, anche grazie alla sempre maggiore copertura data dai mass media, Rafa e Roger sono ormai dipinti come due mondi distinti e inconciliabili (anche se i due vanno apparentemente d’amore e d’accordo). Hanno spaccato in due gli appassionati (anche troppo, si leggono spesso cose davvero repellenti, in un senso e nell’altro) e hanno, proprio per la loro diversità, ridato grande visibilità a uno sport come il tennis forse un po’ in crisi per l’assenza di personaggi. Non vi fosse stato Nadal ma il solo Federer, beh, molto probabilmente (visto anche il fatto che come talento e approccio ai match lo spagnolo è più, diciamo, accessibile) tutto questo interesse e tutta questa attesa per gli Slam non vi sarebbe stata negli ultimi anni. Oggi, o sei Federer o sei Nadal (in misura minore puoi essere un Djokovic). E le semplificazioni piacciono, avvicinano, anche se il vero appassionato dovrebbe saper cogliere le molte sfumature che stanno in mezzo. Ma questo è un altro discorso.

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